Il Creative Director di Maikii: Francesco Poloniato

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Chi è Francesco Poloniato?

Come lavoro faccio il graphic designer. Se inizialmente mi occupavo più della parte pratica-operativa, con l’andare del tempo mi dedico sempre più al momento ideativo-concettuale, e un po’ mi dispiace perché la parte pratica mi è sempre piaciuta parecchio. Ho studiato disegno industriale allo IUAV. La mia più grande passione è la grafica: è stato il mio professore Francesco Messina, con la sua cultura visiva e la sua esperienza, a farmi innamorare di questa materia. Da quel momento per me è stato un crescendo, benché poi la mia carriera ha imboccato una direzione diversa da quella che ci si aspetta da un ragazzo neolaureato in design industriale.
Devo dire che sono felice di come sono andate le cose, la passione per la grafica la sento sempre viva, e giorno per giorno cerco di migliorare soprattutto dal punto di vista della comunicazione.


Quando si sono incrociate le strade con Matteo? 

Io e Matteo siamo prima di tutto amici, ci conosciamo da più di metà della vita (ossia dalle scuole medie). Siamo in realtà due persone molto diverse e questa, forse, costituisce la nostra forza: pur avendo degli intenti comuni, vediamo le cose da due prospettive completamente differenti, ed è mettendo insieme, confrontando e contaminando le nostre due visioni che i progetti comuni si arricchiscono e diventano interessanti. Io so che -da solo- non ho un punto di vista abbastanza completo, e allo stesso modo Matteo: siamo -per così dire- complementari.


Il tuo ruolo in questa azienda è fondamentale, hai dettato le linee e i colori, i significati di ogni comunicazione. Ci descrivi dal tuo punto di vista l’idea Maikii?

Maikii? Io la vedo come una realtà poliedrica e poliformica, nel senso che è partita come una cosa, per poi divenirne molte altre. La fortuna è che siamo nati piccoli -eravamo io e Matteo- e abbiamo saputo far evolvere e crescere la nostra idea di partenza: errori e sperimentazioni hanno caratterizzato tutto il nostro percorso professionale. Gli errori hanno sempre costituito una fonte di insegnamento, così come le sperimentazioni sono state una fucina di creatività e originalità. Oscillando tra piccole vittorie e piccoli fallimenti, abbiamo imparato come procedere. Pe me quindi Maikii è in continuo divenire, e ancora adesso nessuno sa dove arriverà.

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Quanto è importante per un’azienda avere un valore grafico/estetico riconoscibile? 

Poco, in realtà. Ciò che importa veramente è il valore che sta dietro un segno: se manca un aspetto etico, un’idea di base, il segno grafico diventa una forma sterile, mero marketing, e il rischio è che diventi una cosa barocca, la classica bolla di sapone. C’è solo forma, e la forma da sola non significa. Al contrario, un significato garantisce la possibilità di divenire interessante e di poter dire qualcosa di nuovo una volta esaurito il tuo argomento. Sapersi reinventare vuol dire sapersi raccontare: una forma senza significato non può cambiare ed evolvere, si esaurisce nel solo gesto di crearla.


Oltre alla grafica, cosa c’è dietro il lavoro di un Art Director? Ispirazioni? Concetti? Stili di vita?

Art Director è una parola un po’ forte per me, mi sento istintivamente più vicino alla figura del grafico, anche se quotidianamente lavoro da AD. Nel mio caso, ci sono diverse ispirazioni, diversi stili di vita. Sono molto attratto dalla cucina: interessarmi a come si fanno le cose, a come realizzarle nel modo più appropriato, a sperimentare. Un’altra cosa che adoro è lavorare il legno: ho comprato dei piccoli strumenti e mi cimento nel costruire piccoli oggetti, talvolta senza una funzione specifica.

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Se dovessi dare un consiglio a giovani che vogliono avviare una start up oggi, quali sono i principali trend da seguire per il mondo offline e quello online a livello di comunicazione visiva?

Questo discorso si aggancia a quanto dicevamo prima: lasciamo perdere i trend. Il vero “trend” è cercare qualcosa che abbia un significato. Il trend è un risultato, non è un inizio. Il trend si può studiare e analizzare, al fine di realizzare qualcosa di contemporaneo e aggiornato (non viviamo in un mondo a parte). Il consiglio, apparentemente banale, è quello di avere un motivo forte, di non eseguire un esercizio, ma di fare qualcosa che abbia un valore una volta spogliato di tutto. Ho imparato che se si riesce a raccontare il proprio progetto in dieci parole, allora si tratta di un’idea. Un consiglio? Forma e significato non devono mai essere disgiunte.


E secondo un tuo personale gusto estetico, cosa ti colpirebbe sicuramente e cosa no (sempre parlando di comunicazione aziendale)? 

Io in realtà sono attratto dalle idee. Ho fatto tesoro degli insegnamenti di Bob Gill, graphic designer con uno degli studi più importanti in America, che a 80 anni ha tenuto una conferenza a Venezia. Scegliere una bella tipografia, copiarla, usare una font adeguata, lo può fare anche una scimmia, la differenza sta nel motivo per cui si compiono tali scelte grafiche/formali. Un altro concetto che mi è rimasto impresso è questa sua provocazione: “se devi fare un logo per una lavanderia, non vai su Google e cerchi ‘logo lavanderia’, vai in lavanderia“. Il fatto di raggiungere le informazioni sempre più facilmente, non vuol dire riuscire a capire tali soluzioni: se le informazioni sono reperibili, vuol dire che sono già state utilizzate e presentate.

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Cosa ne pensi del progetto Gushmag Network, ci dai un tuo giudizio o consiglio rispetto alla tua esperienza?

Penso che Gushmag Network sia in qualche modo paragonabile a Maikii: una realtà molto poliedrica e in continuo divenire. Consigli in realtà non ne ho, visto che fate un lavoro molto diverso dal mio. Devo dire che apprezzo molto il taglio che date e mi piace vedere come una cosa, un’azienda, un progetto, possa diventare con dei contorni sfumati e acquisire interesse, per non restare ferma in un campo limitato e statico.

Grazie Frank!!!

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