L’intelligenza artificiale è il futuro della tecnologia?

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Vi immaginate un futuro dominato da decisioni prese da computer e macchine, sulla base di complessi algoritmi creati dall’uomo o auto-generati dallo sviluppo dell’intelligenza delle macchine stesse? Un futuro dominato dall’intelligenza artificiale è possibile?

Più che possibile, in qualche misura è quasi certo.

E più che futuro, è in realtà un po’ già il presente.

Esistono diversi gradi di sviluppo dell’intelligenza artificiale, che non sono immediatamente comprensibili se non si segue con tenacia lo sviluppo delle tecnologie e non si conosce ciò che stanno sperimentando i colossi come Facebook, Google e molti altri. Anche (anzi, soprattutto!) queste due piattaforme che conosciamo benissimo e che usiamo ogni giorno, infatti, hanno dei programmi basati sull’intelligenza artificiale. Basti pensare, infatti, che:

  • Google ha inserito il machine learning tra i fattori dell’algoritmo che sceglie come posizionare una pagina web all’interno del proprio motore di ricerca. Ciò significa che in base al comportamento dell’utente Google impara da se stesso per migliorare ciò che restituisce all’utente, con lo scopo di offrirgli un’esperienza più personalizzata (detta dal lato utente, dal lato azienda invece: pubblicità sempre più profilata, quindi maggiori ricavi dalle aziende inserzioniste su Google che così in base all’efficacia decideranno di investire di più)
  • Facebook, invece, utilizza l’intelligenza artificiale dal 2006 per decidere i contenuti visualizzati sul news feed di ogni utente iscritto. Inoltre, in via sperimentale, lo utilizza da mesi per scansionare nel proprio ecosistema ciò che si dicono gli utenti, quello che si condividono, capire il contenuto delle foto e dei video. E perché? Per l’utente, per offrirgli contenuti di interesse, e per le aziende, per proporre pubblicità che colpiscano il target giusto.

Può sembrare malizioso, eppure sembra un meccanismo efficiente: attraverso un software intelligente che capisce meglio i nostri interessi, sulla base dei contenuti con cui interagiamo di più, noi utenti abbiamo ciò che vogliamo e non perdiamo tempo con cose irrilevanti, mentre le aziende possono offrire gli annunci pubblicitari giusti al momento giusto e nel luogo giusto.

Ma si ferma davvero tutto qui? No, perché l’intelligenza artificiale è davvero una tecnologia che promette di cambiare il nostro modo di vivere, e per tantissimi aspetti. Vale la pena addentrarci un attimo dentro il Facebook Artificial Intelligence Research (Fair) di Parigi, dove si sta sviluppando il software alla base dell’assistente virtuale M, che funzionerà attraverso Facebook Messenger.

mark zuckerberg facebook artificial intelligence

Perché è necessaria una unit dedicata a questo tema? Perché ogni giorno vengono processati i dati di 800 milioni di nuove foto caricate sulla piattaforma, e 2 miliardi di video riprodotti dagli utenti di tutto il mondo. L’intelligenza artificiale processando tutti questi dati non vuole solo segnalare all’utente ciò che già gli interessa, ma Facebook vuole sfruttarla per predire e raccomandare qualcosa che è probabile che piacerà nel futuro.

Ma questo esiste già da tempo, direte! È Siri di Apple, è Google Now, è Cortana di Windows. Sì, a livello mainstream il tema dell’intelligenza artificiale è morbidamente arrivato al grande pubblico a partire da fine 2012, quando insieme a iOS 6.0 vi siete ritrovati sul vostro iPhone Siri, che subito vi ha stupiti per la sua capacità di rispondere a domande come “che tempo che farà oggi?”, “qual è la pizzeria più vicina?“, ed era persino in grado di dialogare con voi con delle risposte pre-impostate.

Poi, più o meno un anno dopo, è uscito il film Her di Spike Jonze, dove il protagonista – interpretato da Joaquin Phoenix – si innamorava della propria assistente virtuale, la cui voce in originale è stata prestata da Scarlett Johansson. Il film fa riflettere sull’eventualità in cui i computer acquisiscano la possibilità di provare emozioni, ma sicuramente ciò è ancora distante dalla realtà.

Her Spike Jonze Joaquin Phoenix

Esistono tre tipi di intelligenza artificiale:

  1. reinforced learning: è il tipo di apprendimento dei computer che consente di offrire agli utenti delle raccomandazioni coerenti con i propri interessi, e si basano sulla probabilità che apprezziamo un contenuto a seguito delle interazioni che abbiamo con altri contenuti, sviluppando degli algoritmi.
  2. supervised learning: è un apprendimento automatico per cui si mostrano a un computer migliaia di foto e contenuti, finché questi non sistemano i parametri fino a produrre la risposta corretta, che è quella che più probabilmente verrà utilizzata dall’utente. Avete presente Google Foto? Ecco, provatelo e capirete di cosa sto parlando;
  3. autonomous learning: rappresenterà lo step finale di evoluzione dell’intelligenza artificiale, quando le macchine saranno in grado di apprendere ed evolversi in perfetta autonomia. Per questo tipo di evoluzione c’è un grosso timore da parte degli utenti: secondo l’Istituto Francese per l’Opinione pubblica, il 65% dei cittadini è preoccupato dalla crescente autonomia delle macchine. È un po’ lo stesso tipo di preoccupazione che c’è per le self driving cars, se vi ricordate di quello che abbiamo detto la settimana scorsa.

Il futuro, quindi, sarà sicuramente rappresentato sempre di più dall’intelligenza artificiale, che entrerà nelle trame della tecnologia per migliorare tantissimi processi: non solo aziendali, ma anche degli enti pubblici. Immaginatevi un sistema previdenziale che funzioni efficientemente e automaticamente: potrebbe risolvere molti problemi.

Ma quanto anticipatovi in questo articolo non è che un piccolo assaggio su quanto si può dire riguardo all’intelligenza artificiale. Se siete curiosi e avete voglia di approfondire l’argomento, sul blog Wait But Why ci sono due pezzi che meritano una mezz’ora di lettura: The Artificial Intelligence Revolution: Part 1 e Part 2

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