Connettere le persone e connettere le cose, per connettere il mondo intero. Come? Con l’Internet of Things, definito dall’ITU come un’infrastruttura globale per la società dell’informazione, che consente servizi avanzati connettendo oggetti fisici e virtuali basandosi sull’attuale tecnologia della comunicazione e dell’informazione. Questo concetto è emerso per la prima volta nel 1999, quando fu citato da Kevin Ashton, ex ricercatore di Procter & Gamble e poi passato al Massachussetts Institute of Technology. Ci vollero almeno altri dieci anni, però, per avere una definizione più precisa del concetto di “internet delle cose”.
Internet delle cose significa collegare dispositivi fisici, come automobili, edifici, elettrodomestici insieme a sensori elettronici, software e altre forme di connettività, in modo da consentire agli oggetti di raccogliere e scambiarsi informazioni.
Adesso non tutti sono abituati ad accendere il condizionatore dal proprio smartphone ancora prima di entrare in casa, o a chiudere le tapparelle in modo automatizzato quando si è fuori per cena e fuori inizia a piovere. Eppure tutto questo è già possibile, e fra non molti anni diventerà tutto normale!
Ma l’internet delle cose non è solo domotica, anzi, questo è solo l’esempio che viene più facile fare per quanto ne sentiremo l’impatto sulle nostre vite molto presto.
L’internet of things è destinato ad impattare soprattutto sulla produzione e sulla distribuzione dell’energia, e sugli sviluppi urbani delle città – che diventeranno smart cities, e prevedranno sistemi più efficienti per il trasporto pubblico, la gestione dei rifiuti, e i servizi di base. L’internet delle cose sarà fondamentale per aumentare la qualità e l’interazione tra i diversi flussi di gestione di una città, in modo da rendere l’ambiente più vivibile e ridurre i costi e il consumo di risorse.
Ma qual è lo stato attuale dell’internet delle cose?
Secondo una stima riportata da Wired, gli oggetti comunicanti e connessi tra di loro già nel 2014 erano 7 miliardi, superando così la popolazione terrestre, ma nel 2020 si prevede che i dispositivi connessi saranno 50 miliardi, con una media superiore ai 6 per persona.
Nel 2015 la dimensione economica globale del mercato dell’Internet of Things è stata valutata in 157 miliardi di dollari, secondo quanto riportato da Il Sole 24 Ore. E nel giro di cinque anni, cioè nel 2012, il giro di affari crescerà a 661 miliardi, con un compound annual growth rate del 33,3%.
Sono soprattutto le aziende americane a spingere sugli investimenti nell’internet delle cose, a partire da Google, Microsoft, Amazon e Apple. Certo, molte aziende – soprattutto in Europa – stanno ancora subendo la trasformazione digitale della prima ora, però la Commissione Europea sta facendo molto per incentivare la digitalizzazione dell’industria: tra i 50 miliardi stanziati, oltre che per il cloud, le tecnologie dei dati, le reti 5G e la cybersicurezza, nel pacchetto sono incluse misure anche per l’Internet of Things.
Gli ambiti applicativi dell’Internet of Things
Nessun settore è escluso dalla diffusione dell’internet of things: si va dagli elettrodomestici agli impianti di irrigazione, dai meccanismi di sorveglianza al monitoraggio industriale. Però i settori in cui si sta diffondendo di più sono essenzialmente due:
- automotive: abbiamo già parlato di self-driving cars, auto che si guidano da sole, e forse avrete già potuto intuire che il meccanismo alla base ha molto a che fare con l’internet delle cose. I maggiori vantaggi per gli utenti? Meno responsabilità alla guida, maggiore comodità, minore probabilità di creazione di ingorghi.
- domotica: tutti gli elettrodomestici possono essere connessi, e il risparmio non è solo in termini di comodità, ovviamente, ma anche nel senso di taglio alla bolletta. Se forno e ferro da stiro sono intelligenti, infatti, doseranno l’energia spesa in modo da evitare un sovraccarico.
Vedremo presto, in un futuro articolo, quali sono i dieci ambiti di applicazione dove l’Internet of Things sta risultando più pervasivo.