Va bene, vi risparmio premesse sdolcinate e smancerie colorate di rosa. Ho sempre considerato la festa di San Valentino come un’occasione meramente commerciale costruita per vendere quantità illimitate di fiori, cioccolatini, gioiellini e cene al lume di candela.
Il mio senso cinico e disilluso, però, ha subìto un grave smacco dal momento in cui ho iniziato a interpretare il 14 febbraio come il giorno dell’Amore e non come il giorno delle coppiette “ciccino, bacino, manina, topolino” (e vi risparmio altre sfumature a dir poco originali).
Anno dopo anno, ho voluto cercare di dare libero sfogo a ciò che avevo accuratamente celato e trasformato in disincanto: dire che San Valentino sia il giorno dell’Amore significa pensare all’Amore a tutto tondo, quell’amore che ci riempie le giornate, che ci fa aspettare il giorno di festa, che ci fa cambiare programma, che ogni tanto fa piangere e ogni tanto ridere, e che non importa se ci sono problemi, pensieri, difficoltà, quell’amore ci fa sentire bene, per un istante, per un’ora o per una vita.
Tutti i giorni dovrebbero essere giorni dell’Amore, ma è bene che esista una giornata capace di farcene rendere conto.
Ecco allora che forme d’amore non sono riducibili alla love story con il proprio partner, o all’amore incondizionato per il proprio cane. Il sentimento nasce anche dall’immateriale: oggetti che sono capaci di farci vivere emozioni, di riportarci indietro, o avanti, nel tempo, di farci guardare il mondo con occhi nuovi, di sgravarci da ciò che appesantisce i nostri umori.
In questo senso, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale. Un esempio tra tutti è l’amore nato tra un uomo e il suo computer-donna nel film “HER” (Spike Jonze, 2014), che a tutti gli effetti dipinge un vero e proprio innamoramento, e poco importa se si parla di esseri umani o oggetti pensanti.
Quest’anno, o meglio alla fine dello scorso anno, George Lucas e la Disney devono essersi messi d’impegno proprio per farci capire che il colpo di fulmine può succedere anche nei confronti di un oggetto piccolo e dalle forme elementari: sto parlando di BB-8, il droide che ha letteralmente mandato in visibilio gli appassionati della saga di Star Wars.
A differenza degli altri, BB-8 è un vero droide! Nessun effetto speciale, nessun attore inscatolato, nessun criceto messo a girare su una ruota. BB-8 è stato ideato e costruito appositamente per il settimo episodio: il regista J.J.Abrams voleva che le sensazioni sul set fossero davvero tattili, non soltanto visive, per dare alla saga un sapore ancora più futuristico, e realistico allo stesso tempo.
BB-8 rappresenta un esempio di alta tecnologia, ed è frutto di un’intuizione davvero geniale, una sfida vinta contro la legge di gravità: il corpo sferico permette il movimento roteando, mentre la testa (che ricorda quella di R2-D2) è costituita da una semisfera collocata sopra al corpo che appare totalmente indipendente nei movimenti rispetto al corpo stesso.
Ciò che però ha fatto breccia nel cuore di tutti sono le dimensioni ridotte e i suoi movimenti goffi e teneri, come quelli di un cucciolo. Non è un caso se la Disney ha deciso di realizzare una versione ridotta del droide da poter commercializzare, abbiamo già parlato del modellino realizzato dalla Sphero.
Anche Tribe non ha certo rinunciato a trasformare il piccolo BB-8 in una chiavetta USB: l’oggettino ci fa ricordare le emozioni provate durante il film, lo possiamo portare sempre con noi e riempirlo con tutto ciò che vogliamo.
Se Obi-Wan Kenobi diceva “Questi non sono i droidi che state cercando”, io dico “Questo è il droide che state cercando!”
Buon Amore a tutti!
Agnese Zanetti